Angelina Zanon amava la poesia.
Prima di morire ha lasciato un originale testamento: “Nessuno ai miei funerali, solo vi lascio questa poesia a mio ricordo e vorrei che fosse il professor Stoppani a leggerla al gruppo”.
Io con affetto e doverosamente l’ho letta e in sua memoria qui la pubblichiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a cura di Gabriele Stoppani

 

I poeti del Saba

 

REQUIEM

Buon Riposo amore mio
buon riposo nella tua notte senza fine
mi aggiro dove non ci sei più
cerco luoghi deserti e silenziosi
come la mia pena
per non far sentire
il rumoroso pianto della mie vene.
Il pensiero di te
percorre il fondo del mio cuore
e fa gemere ogni giuntura del mio corpo
niente separerà la mia anima dalla tua.
Chissà se un giorno, io e te
cavalcheremo ancora l’arcobaleno
per giungere oltre i confini del mondo.
Mi ero chiesta
cosa fosse per me la Poesia
ora lo so!
Eri tu quando esistevi.
Buon riposo anima mia
buon riposo per ogni giorno
fino alla fine dei miei giorni.

Angelina Darduin Zanon


Luigina Bovo

“NOTTE BRUMA”

Bruma è la notte….questa notte
avvolta da un trasparente grigiore.
Leggero foulard
che camuffa forme e colori
motivo di copiose utopie.
Tutto appare erroneamente pacato,
giganteschi alberi dalle braccia inquiete
e rudi case con fantasmi erranti.
Occhi di intriganti megere e pazzi folletti
sembra mi spiino.
Vorrei liberare la mente
da queste grottesche visioni
ma aspetterò…
aspetterò paziente
che l’alba sia vincente
sulla notte bruma.


Maria Carla Gennari

TENEREZZA IN LAGUNA

Da questo tramonto in Laguna
la tenerezza viene a sfiorarmi
come miele mi prende la gola
converte i miei pensieri
in visioni impercettibili e amate.
Le sento trasparenti
sfiorarmi le spalle,
ogni emozione è una sorta di colore
soffusa dentro il mio animo.
Racchiusa tra le ali del vento
la tenerezza
mi accarezza con parole invisibili
e tra le voci che fanno primavera
addolcita dall’onda
la Laguna sverna
con i suoi e miei ricordi.


Alberta Salmeri

DROGA,
LA PALUDE DEI VUOTI PROFONDI


Tragico il tuo profilo, urlo
che si perde in un profondo
di nebbia opaca
ai margini del vuoto situata
smarrita, in quel baratro
di giungla dell’oblio.
Appeso a liane di fragile cristallo
legate ai rami del destino
annaspi, perduto eroe
tra eroi pietrificati
che cercano, con braccia tese
ed occhi gonfi di stupore,
quel paradiso d’illusione...

/quel varco - via di fuga – strappo
sul filo acuminato di un attimo
che fugge attraverso rampe di paura
e piomba tra canne tremanti
e giunchi tristi nel nulla viscido
della palude dei vuoti profondi/

Viaggi, sul fondo d’un sogno
rovesciato, dai raggi della luna
abbandonato, protagonista incauto
d’ inesistenti cieli, apparsi
al suono triste d’un battito malato
che svuota di colore e arcobaleni
il senso del tuo tempo - grigio gorgo -
di giorni muti d’alba e di tramonto.
Confuso tracimar di buia notte stanca
che scende, nei vicoli del cuore
prigioniero, caduto tra le grinfie
di un’arpia, che succhia la tua vita
cancella i tuoi domani.


 

Giacomo Soldà

EL DESMESSO

Nel sestier dove che vivo,
magro come un bacalà
gira un omo sempre schivo
da l’aspeto strambalà.

Ga vestiti da strapasso
neti sì, ma malandai
che impirai soto el stramasso
da la note i vien stirai.

Però la zente no capisse
che de le volte xe anca megio
rinunsiar a nove strasse
ma scampar da l’ingranagio
che ogni zorno te strassina
masenando l’esistensa
fin che no ti ga vissina
quela che cava ogni speransa.

Se i lo varda, quando el passa,
el se ingruma drento le spale
slonga el passo e a testa bassa
raso muro el fa la cale

come un gato impaurio
che par evitar disgrassie
sensa mai voltarse indrio
scampa via da le malagrassie.

Po’ su la riva el va a sentarse
e co’ l’ocio un fià svampio
varda le case dondolarse
sora l’aqua che xe in rio.

Furegando ne la scarsela
el tira fora un fià de pan
‘na selegheta che saltela
vien a pusarse ne la so man,

lu co’ la mente la caressa
ma el sta fermo fin che la magna,
el fa tanta teneressa,
… se lo beca no’l se lagna.

Anca se el vive in un sogno
che nissun ghe porta via
de sicuro el ga bisogno
de un s-ciantin de compagnia.

Xe malissia che respiro
quando sento dir la zente
che el xe un mato che va in giro
sensa vogia de far gnente.

Penso invesse che el desmesso
sia un poeta vagabondo
che serà drento lu stesso
vive in pase nel so mondo.